*Passeremo l’estate a spingere balle di fieno


Ogni giorno sarebbe il suo bel da fare,

lunedì corso di tennis col maestro federale.

Il martedì tutti al campus ad imparar l’ inglese,

lo fanno anche questo al mio paese.

Mercoledì non sai che pesci pigliare?

Salite in auto che vi porto a nuotare!

E giovedì, se permetti,

vado ad imparare a crear merletti..

Danza, equitazione, basket…

di venerdì c’è molta scelta

ma bisogna decidere alla svelta!

Poi sabato corso di cucina,

quella sera, a cena, meglio andare dalla vicina!

La domenica finalmente riposo…

…scherzi!?! Bisogna uscire!

Se rimanessi a casa,

mi verrebbe un gran nervoso!

e il tempo per respirare, pensare, giocare e , perché no, oziare?

BASTA!!!

Io e i miei figli abbian deciso che questa estate, per noi, sarà così

foto Dona
estate 2007

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Si arrivava in bici per la strada sterrata, l’ultimo tratto a piedi lungo il sentiero nel bosco di acacie carpino nero e faggio.
Si attraversava il ruscello, la mamma mi aiutava, i sassi erano scivolosi ricoperti di muschio sopra il filo dell’acqua dalla quale facevano capolino traditori. Non mi sarebbe dispiaciuto bagnarmi i piedi, di nascosto ci sarei tornata più tardi e di proposito li avrei fatti sguazzare nel fresco.
A margine del bosco si sbucava nella radura dove i nonni erano già al lavoro. Anche loro erano arrivati in bici ma dal lato opposto, dalla mulattiera che veniva da ovest. Erano li gia’ da un po’, considerato il lavoro fatto… A me e alla mamma invece piaceva attardarsi nel lettone dopo che il papà se ne partiva per la fabbrica per il solito turno di mattina.
Il nonno era alla falce e la nonna alla forca. Il mio sguardo era di ammirazione per quel lavoro a catena.
Lui avanzava a tempo poggiando piccoli passi nel tappeto appena raso in sincronia con le sue braccia che, scortate dalla rotazione del torace, si muovevano come ad abbracciare per metà circonferenza il suo mondo, nell’accompagnare la falce nella traiettoria di taglio.
La lama sembrava accarezzare l’erba anziché mozzarla di netto, rimaneva li piegata su se stessa a formare una scia come onda che s’increspa nel mare al passaggio del suo capitano.
Appena dietro la nonna, quella mattina.
Il prato non era particolarmente bagnato , si poteva “trar fora” subito e la forca della nonna stendeva la verde tovaglia al sole caldo di giugno, nel silenzio del Cordevole che a sud portava le sue acque e qualche richiamo di pavone che proveniva da nord, dalla piccola tenuta di Dionisio. Talvolta si sentiva l’eco del tiro al piattello che rimbalzava dalle pareti del Pizzocco e a me piaceva pensare che a sparare fossero i militari che poco più in là, vicino il greto del fiume, erano accampati.
Se c’era anche mio cubino ci piaceva andarli a spiare, ci sentivamo il loro nemico, con la pipa di foglie di acacia tra i capelli a mò di piuma d’alpino, con l’arco e le frecce di legno correvamo alla Robin Hood tra gli alberi fino ad avvistarli. Poi distesi pancia in giù a spiare le loro mosse e quell’emozione che ti prende la pancia e ti sembra che da un momento all’altro tu debba fartela addosso…
Era bello correre sul prato tagliato di fresco a piedi nudi, i fastucchi d’erba ne solleticavano la pianta e l’ odore del taglio diventava ancora più intenso. Anch’ io avevo il mio piccolo rastrello, me lo aveva costruito il nonno, ma rimaneva spesso abbandonato in qualche punto sperduto della radura, le distrazioni erano tante e la voglia ancora da maturare.
All’ombra dei cespugli i cestini per il pranzo. Quel momento era forse il più bello della giornata. Mentre il nonno batteva la falce, al suono ritmico del martelletto che picchiettava il filo della lama, si posava la coperta e si tagliava il salame. Il pane veniva imbottito e il bicchiere si tingeva di scuro, anche il mio. La nonna mi versava una goccia di merlot nell’acqua e così mi sentivo grande. L’ occhio era sempre puntato al cielo, il tempo da un momento all’altro poteva girare quando sulla cima del Pizzocco calava il cappello.
I cibi, per quanto frugali, lì in mezzo alla radura sembravano avere un alto sapore, tutti i sensi erano all’erta ed esaltavano ogni percezione.
Era bello anche stendersi sulla coperta vicino ai nonni. C’era sempre qualche formica o insetto che si auto-invitava sui rombi di lana colorata e anche tra i peli delle braccia del nonno che ronfava pacifico col cappello di paglia appoggiato al viso.
L’unica paura che avevo era delle vipere ma anche di qualsiasi animale che strisciasse e che non fosse una lumaca. Per questo, nella radura, non mi avvicinavo alla vecchia trincea, lì c’erano parecchi sassi, facile tana per loro.
Poco per volta avevo imparato a conoscere i segreti della radura e lì ci si sentiva immersi in un piccolo e fantastico mondo senza tempo, solo il movimento del sole ci segnava le ore.
E poi arrivava, per la mulattiera, il carro di legno per il carico della sera. Era il papà che lo portava tornato dal lavoro. Ora ci eravamo proprio tutti e tutti a saggiare se l’erba si era magicamente trasformata in fieno sentendo se “cantava” al tocco delle forche.
E così il carico dorato se ne tornava lentamente a ovest seguito dai nonni a cavallo delle loro biciclette e io e la mamma, riattraversando il fiume, recuperavamo le nostre sotto il grande tiglio.
… e a quel che non era stato possibile fare oggi si pensava domani.

dall’ album di famiglia
foto scatata intorno al 1940

PS: naturalmente nelle foto io non ci sono 🙂 !

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22 pensieri su “*Passeremo l’estate a spingere balle di fieno

  1. Cara Artemisia, io e i miei figli ci stiamo in mezzo a prati, laghi fiumi e montagne, a loro per esempio piacerebbe stare un po’ di piu’ al mare ma sempre comunque in grandi spazi e all’aperto. A me piacerebbero le comodita’ che offre una citta’ anziche’ dover prendere sempre l’auto per qualsiasi spostamento debba fare (difficile da me andare in bici o a piedi per andare al lavoro o per qualsiasi servizio da svolgere visto che da me i paesi son piccolini, raramente pianeggianti). Ma poi alla fine dico che va bene cosi’ , che amo profondamente la mia terra anche se pure qui l’aria e’ piu’ limpida e salutare.
    un caro saluto
    Dona

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  2. Io non la disdegno la natura, anzi, piu’ invecchio e piu’ ne sento la necessita’, ma loro invece non ne vogliono sapere. Soprattutto il grande (15 anni) che dobbiamo portare a forza nella casa in campagna. Il piccolo (12 anni) e’ un po’ meglio e ha “adottato” le capre del vicino.
    D’altra parte anch’io alla loro eta’ detestavo la natura…
    Artemisia

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  3. Ciao cara amica, dai che son stati due giorni davvero belli quelli appena trascorsi… ancora fieno non ne abbiam trovato per la nostra strada abbiam iniziato con le passeggiate e si sa mai che capitiamo dalle tue parti
    Un abbraccio
    Dona

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  4. Ma, Dona… di questo passo, con questa pioggia, quando lo secchiamo il fieno?!!!! E quando arriva l’estate, visto che siamo a mollo come in autunno?
    Comunque, se mai il sole dovesse tornare a compiere il suo dovere, e tu e i bambini non sapete dove andare a rotolarvi nel fieno… sai dove vi aspetto!
    Un bacione!!!

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  5. OPS!!! MI SA CHE MI SON DIMENTICATA DI RISPONDERE A:

    *Rino: felice della tua piacevole rilettura

    *Barbie: il tempo non e’ mai abbastanza per scrivere vero… per il w.e. cosa mai ti e’ capitato di cossi’ terribile?

    *Irish: lo spero davvero, abbiamo bisogno tutti di immergerci in ampi spazi

    Un caro saluto e un abbraccio anche a voi
    Dona

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  6. *Daniele: ci proviamo Daniele, tra tante anche questa e’ un’ alternativa, senza essere schiavi dei motori e dell’orologio nei limiti del possibile, almeno per questi mesi di vacanza… dovro’ stare attenta ricordarmi di andare al lavoro quando tocca! 🙂

    *Giulia: hai sottolineato un aspetto interessante cara Giulia e cioe’ il divertimento per forza, un mucchio di aspettative perche’ ci si debba divertire e il rischio di non divertirsi mai abbastanza!

    *washi_ink: non vediamo l’ora tutti e quanti… meno 3 giorni e viaaaaaaa…

    *Alessio: il profumo dell’erba tagliata e’ uno degli odori che mi piace di piu’… ma ce ne sono altri

    *Mio capitano: non mi ricordo pero’ di che canzoni si tratti anche se queste poche parole non mi sono nuove… mi hai fatto ricordare che parlo poco d’amore… anche se io sono innamorata dell’amore in senso lato

    *Artemisia: non e’ mai troppo tardi per i tuoi figli per stare un po’ di piu’ a contatto con la natura, faranno tempo a recuperare, mi pare che hanno una madre che non la disdegna.

    *Francesca: e’ sempre bello commuoversi e se e’ successo leggendo questo mio ricordo fai felice anche me.

    *ma.ni: 🙂 felice di sentirti punzecchiante al punto giusto e di aver trovato questo tuo saluto. Spero che la famigliola stia bene, un abbraccione a tutti

    Un caro saluto e un abbraccio a tutti voi
    Dona

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  7. ho fatto un bellissimo viaggio nel passato grazie a te… non so se commuovermi o no…ma lo sto già facendo…grazie

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  8. Che bei ricordi e che belle foto! E’ vero: i bambini di citta’ si perdono molto. Anch’io sono una bambina cresciuta in periferia tra i palazzi e le estati erano cosi’ noiose che non vedevo l’ora che ricominciasse la scuola. I miei figli stanno crescendo tra un video gioco e una partitella al giardinetto pubblico.
    Penso davvero che si perdano molto.
    Artemisia

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  9. Questo tuo post mi ha fatto ricordare la vecchia canzone che diceva “Andiamo a mietere il grano, il grano, il grano, raccoglieremo l’amore, l’amore, l’amore”.

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  10. bellissimo questo post,
    sai cosa penso? che un’estate così sarà sicuramente intensa e divertente
    e che piacerà molto ai tuoi figli 🙂
    buona serata ^^

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  11. dona dona…
    …proprio ora ho trovato un attimo di tempo per scrivere…avrei bisogno di tempo per riprendermi dal we terribile.
    Un bacio.

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  12. Passerai delle vacanze bellissime… E’ di questo che di abbiamo bisogno, di staccare veramente dalla vita di corsa sempre piena di impegni, di diverttimento per forza… Un abbraccio, Giulia

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  13. Un altro modo di vivere. Un immgergersi profondo in odori e vita che quasi non si conoscono più è sicuramente una scelta giusta e molto bella.

    Come sempre un post scritto in modo coinvolgente.

    Ciao Dona :-)))
    Daniele

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  14. *Rino: direi che un po’ sempre meno seguiamo caro rino, purtroppo. Ora contano i grandi numeri.
    I piccoli appezzamenti di terra non sono piu’ sfalciati, si lascia che il bosco abbia il sopravvento e anche nelle grandi distese il contadino scende di rado dal grande trattore, non impugna la falce per rifinire il lavoro delle grandi lame li’ dove a loro non e’ permesso di arrivare e anche qui il bosco piano piano avanza inesorabilmente. un tempo si andava a sfalciare fino a ridosso delle montagne e su per le pendici ora li non ci sono piu’ prati, solo qualche rudere di casolare che osptava i contadini d’estate con le proprie bestie.

    *Mio capitano: le vipere, gli alberi di fico, i ruscelli ci sono ancora caro Francesco, almeno dalle mie parti ci sono, in questo senso siamo fortunati. Forse diminuiscono le persone che sentono il bisogno di riscoprirli… altre sono le distrazioni.

    *http500: grazie 🙂

    *Oscar: certo che e’ un’ arte, dalla cura con cui il contadino tiene la sua falce, la lama sempre ben affilata, guai prendere un sasso che la rovina. egli batte la sua lama con una pazienza certosina, quasi millimetro per millimetro, la ripone con cura e poi la saggia sull’erba… davvero che sa falciare bene lascia il prato rasato meglio di un rasaerba dei piu’ soffisticati.
    dalle tue parti i prati sono particolarmente curati, c’e’ incentivo e una certa cultura nel farlo e il risultato da’ un etichetta di prestigio al paesaggio che tutti possiamo ammirare.

    un caro saluto a tutti
    Dona

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  15. Mi hai fatto ricordare i bei tempi andati quando si correva a piedi nudi per i campi, che sensazione di libertà! Che gioia primordiale. Non proveremo mai più sensazioni così. C’erano le vipere, almeno così si diceva, dove sono finite ora? C’erano gli alberi di fichi sui ti potevi arrampicare per raccogliere frutti, dove sono finiti ora? C’erano i ruscelli limpidi e freddissimi in cui immergere i piedi in estate, dove sono finiti ora? Che tempi erano quelli. 🙂

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  16. Bellissimo questo scorcio di storia, riflette usi e costumi che ancora oggi, più o meno, seguiamo. Complimenti per la prosa, scorrevole e sincera.
    Rino.

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