Ho ricevuto in dono questo libro un po’ di tempo fa, in un momento in cui ne avevo letto altri che parlavano della condizione di donne e bambini in paesi afflitti dalla guerra e mi sembrava potesse essere a loro sovrapponibile anche se la collocazione geografica era diversa. Mi sono ricreduta perché in esso si mette in evidenza una figura a cui tutti, chi più chi meno, siamo particolarmente legati, giacche’ ci ha donato la vita.
I GIORNI DELL’AMORE E DELLA GUERRA e’ un libro che affronta il vivere in Pakistan in un momento cruciale per la storia del paese e cioè la guerra per l’indipendenza del Bangladesh (o Pakistan orientale) da quello occidentale.
Lo fa attraverso gli occhi di una madre che oltre ad essere costretta a vivere nelle privazioni che la guerra impone deve affrontare tutta una serie di problematiche che, a pensarci bene, potrebbero essere di qualsiasi madre in qualsiasi paese del mondo, anche quello più sviluppato e con il più alto tasso di benessere.
Problemi di mandare avanti una famiglia senza la figura paterna tolta prematuramente all’affetto dei figli e di una moglie che e’ costretta ad affidarli, a cuor spezzato, a migliaia di chilometri di distanza per poter garantire loro la sopravvivenza. Ma Rehana e’ tenace e riesce dopo alcuni anni a riprenderseli… quante donne anche da noi son state costrette, per svariati motivi, a prendere questa dolorosa decisione, quante son riuscite a riavere tra le proprie braccia i loro figli, quanto dolore han dovuto sopportare? E poi, quando c’è una parvenza di serenità, ancora pensieri e preoccupazioni che si sa non avere mai completamente fine per il cuore di una madre.
Preoccupazioni per conciliare lavoro, famiglia, bilanci da far quadrare; per la salute, per la scuola, le amicizie e l’insegnamento di quei valori che spesso le piaghe della nostra società tendono a cancellare. Ci sembra tanto, talvolta ci sembra impossibile da portare avanti come missione dell’essere madre, in certi casi e’ anche vero che non ci si pone neppure la meta’ di questi obbiettivi, basta sopravvivere!
Anche Rehana ha di questi problemi ma ne ha uno che incombe su tutti ed e’ quello di non perdere i suoi figli per la seconda volta. C’e’ la guerra che glieli vuole strappare: o come soldati dell’esercito pakistano da una parte o come seguaci del movimento di liberazione del paese dall’altra.
E’ proprio nella resistenza che i due figli decidono di porre i loro ideali e la madre non può far altro che combattere con loro, non per la liberazione del paese ma per la loro salvezza.
Mi chiedo allora di fronte a queste prove come possiamo essere considerate noi, madri impegnate a combattere in altre guerre dove al posto della armi ci sono i tarli portati dal benessere.
Vien da dire che questa sia poca cosa rispetto al trovarsi in mezzo al clangore dei carri armati anziché al canto delle cicale.
Ma poi penso che ogni madre di questa terra abbia una missione da compiere che la faccia sentire tale di fronte ai propri figli e quella che sento dover compiere io e’ stargli vicino educandoli a quei valori che possano portare un giorno a far di loro portatori di pace e benevolenza.
Ps: Questi miei pensieri nulla vogliono togliere al ruolo di padre.
*Sileno: certo, questo succede per i bambini, per gli anziani e per tutte quelle figure che vivono in maniera diversa situazioni di svantaggio, persone che avrebbero bisogno di un occhio di riguardo in piu’.
*Giorgio: credo che sia proprio cosi’ ma se tu quardi bene anche da noi nelle piccole realta’ le cose vanno molto meglio e dove le cose tendono ad andare bene prima o poi vengono prese di mira e contaminate dalla logica dei grandi numeri e della poca qualita’, addirittura poi vengono soppresse. Purtroppo e’ cosi’
*Duccio: la memoria storica corre il rischio davvero di andare incontro al vuoto, certamente solamente chi ha vissuto o chi guarda i fatti successi con obbiettivita’ e senza giudizio puo’ avvicinarsi a capire.
Le donne sono una parte dell’universo come lo sono le altre figure che lo popolano, ognuna con le loro caratteristiche, ognuna degna di uguale rispetto con un occhio di riguardo come dicevo prima a chi si trova in posizione di svantaggio in modo di non farlo rimanere per sempre.
L’immagine della medusa da un senso di grande delicatezza, bellezza e mistero.
*Arnicam. : si penso che ogni donna abbia la sua storia vissuta in maniera piu’ o meno forte, ognuna da rispettare e da comprendere.
Mi sa che la faccinna oramai si e’ impossessata del tuo nik… succede cosi’ per chi non e’ loggato con wordpress. A me non dispiace pero’ dai 🙂
*Marina: si qualche volta succede che la letteratira sia di supporto alla storia o succede anche viceversa. Se ben usate sono un ottimo connubio.
Un caro saluto a tutti
Dona
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bel libro. E’ piaciuto molto anche a me. Questo modo di entrare nella storia attraverso la letteratura è particolarmente stimolante
marina
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l’anonimo d prima sono io…mmmmmmm…sempre quella faccina!
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posso conoscere le storie di donne anche qui da noi, costrette ad abbandonare i propri figli e poi lottare con i denti per riprenderseli. Sono storie forti,dove il cuore sa cosa deve fare. E penso anche a quelle madri chiamate, come dici, a combattere altre guerre, che ugualemente deformano…Bel post.
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PS la foto della medusa dell’acquario di Genova, mi sembra la danza di una donna.
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Non passa settimana che, anche stimolato dalle cronache di geopolitica, non penso che siamo nati fortunati, rispetto a tutte quelle popolazioni che sono nate nella guerra, sono cresciute accanto alla morte ed alla disperazione, senza conoscere pace. Forse i nostri nonni o padri, quelli che hanno fatto le due guerre mondiali, ne hanno la percezione, e quando non ci saranno più a passarci la memoria sarà definitivamente tramontata l’era in cui l’umanità aveva un orizzonte in espansione, positivo, in cui si poteva veramente pensare di cambiarlo in meglio.
Le donne sono, …. le donne. Alcuni di noi lo sanno.
:@ duccio
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E’ tornata dall’Africa dove ha svolto sei mesi di volontariato come medico la figlia di un mio amico. Ha detto a suo padre che si fa molta più fatica a fare il medico qui, a combattere giorno per giorno con regolamenti assurdi, burocrazia devastante, pazienti affetti da patologie fisiche che spesso sono la manifestazione di male di vivere, piuttosto che lavorare in Africa in condizioni precarie e con strumenti poco idonei.
Almeno là c’è chiarezza di cos’è bene e cos’è male, qual’è il nemico e quale l’amico. Da noi quasi tutto è fumoso, aleatorio, poco chiaro e spesso contradditorio. Siamo prigionieri delle nostre strategie e tattiche: non riusciamo più a chiamare le cose col loro vero nome.
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Hai affrontato dei temi di grande attualità che toccano tutte le società in ogni angolo del pianeta, anche se con situazioni drammatiche molto diverse.
Condivido le tue considerazioni .
Un abbraccio
Sileno
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